Sezione Antologia
Poesia
Marino Cassini
www.marinocassini.it
Nato a Isolabona, Imperia, il 29 maggio 1931
Vive la prima infanzia parte presso la nonna materna e poi in Francia dove i genitori, dopo aver lavorato negli hotel della Costa Azzurra, aprono nel 1936 ad Antibes un piccolo negozio di alimentari. Nel 1938, a causa del conflitto italo-francese, la famiglia è costretta a ritornare in Italia….

Il genere poetico prende nome dalla città irlandese di Limerick dove una guarnigione di soldati, in attesa di essere inviata a combattere in Francia sotto le insegne di Luigi XIV, passava il tempo ad inventare brevi poesie di cinque versi dallo schema fisso (AABBA), in cui l’ultimo verso riprendeva il contenuto leggermente variato del primo. Il limerick è un breve pensiero demenziale, un non-senso, un fatterello privo di logica, scritto per puro divertimento.. Trovò nel poeta inglese Edward Lear il suo esponente principale e la sua Bibbia nel Libro dei non sense da lui scritto.
Giuseppina, sartina molto esperta,
quando cuciva stava sempre all’erta
Temeva di far fondere il motore
infilando qualche ago nel trattore
La Giuseppina, la sartina esperta.
Una bella puledra di Corfù
amava i porno parti e il ragù.
Beveva coca-cola a secchi a fiumi
e con un soffio ti spegneva i lumi,
la puledrina dell’isola Corfù.
Un chirurgo eminente di Toirano
tagliò la zampa ad un peloso ragno
e la sostituì con un compasso
che lo facea inciampar ad ogni passo
quel matematico chirurgo di Toirano.
A Chiavari viveva un bel negretto
capace di lanciar dei do di petto.
Venivano dai laghi le zanzare,
per starsene estasiate ad ascoltare,
i do di petto di quel bel negretto.
Un filosofo seduto in cima al mondo
riteneva che il creato fosse tondo.
E, muto, lo fissava con lo sguardo,
pensando ad una palla di biliardo.
quel filosofo assiso in cima al mondo.
A quel sommo inventore di Leonardo
piaceva molto il burro e poco il lardo.
Amava spalmar la Lisa con coltello
per rendere il suo viso assai più bello,
quell’estroso pittor ch’era Leonardo.
Un valente dentista di Pechino
si mise a trapanare col violino
i denti cariati dei delfini.
Pensava d’imitare Paganini,
quel megalomane dentista di Pechino.
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Già si è parlato in precedenza dei limerick, cioè
delle brevi poesie composte di nonsense, nati in
Inghilterra e rese celebri da Edward Lear. Al normale
limerick si è voluto ‘intrecciare’ un particolare gioco
inventato da un poeta del VI secolo a.C., Laso di
Ermione, il quale si divertiva a scrivere poemi evitando
nel testo di usare determinate lettere dell’alfabeto. In
due suoi componimenti ’Inno a Demetra e I Centauri non
usò mai la lettera S
Nei limerick che seguono non vengono utilizzate le
vocali A nel primo, E nel secondo e così via.
IL CUOCO PROVETTO NON USA LA A
Giorgio, cuoco di Corfù
consultò il suo menù
per scoprire il miglior modo
d’imbottire un uovo sodo,
quel bel cuoco di Corfù.
UN LUCCIO VIOLENTO…DISTRUGGE LA A
Un luccio un po’ violento di Belluno
colpì un moscerino con un pugno.
In pieno lo centrò, proprio in un occhio,
mettendo il moscerino giù in ginocchio,
quel prepotente luccio di Belluno
RIGOLETTO UBRIACO …S’É BEVUTO LA E
– Cortigiani, vil razza dannata –
sbraitava con faccia adirata,
agitando il gran gobbo il suo pugno.
– Sono pronto a tirarlo sul grugno
a chi snobba il buon vino d’annata. –
L’ODALISCA… HA INGOIATO LA E
Un’odalisca nata a Malibu
mangiava solo riso con bambù.
Usava bastoncini colorati,
dipinti da pittori raffinati,
la formosa odalisca a Malibu.
FOLLETTO E FATA… SENZA I
Un folletto del bosco fatato
cavalcava un bruco ammalato.
Una fata tentò d’arrestarlo
ma fu morsa sul naso da un tarlo,
quella fata del bosco fatato.
IL PORCO…NEMICO DELLA I
Un grasso e roseo porco padovano
voleva fare un bagno nello stagno.
Tra un tuffo, un crawl e una nuotata a rana
bevve del rum e morse una banana,
quel grassottello porco padovano.
LA REGINA… CHE SNOBBA LA O
Atalanta, regina d’Atene
ammirava due buffe balene,
che danzavan felici nel mare
e la gente le stava a guardare,
le balene e Atalanta d’Atene.
IL BARBIERE NON AMA LA O
Un abile barbiere milanese
fece la barba a un cane pechinese.
Guaì di rabbia e d’ira l’animale,
mentre ficcava i peli in un ditale
per pagare il barbiere milanese.
LA VISPA TERESA… CERCAVA LA U
La vispa Teresa, sdraiata nel prato,
leccava felice l’enorme gelato.
Fissava estasiata Gigetto il bagnino
che dava la caccia all’orso Martino,
in cerca di miele tra l’erba del prato.
IL FACHIRO… CHE SCARTA LA U
Il decano dei fachiri di Bengodi
mangiava solo spilli e molti chiodi.
– Occorre metter ferro dentro il corpo
se no in breve tempo sarai morto! –
diceva il gran fachiro di Bengodi.
CONSIGLI DI UN AMICO
“Buongiorno, Carlo, ti trovo un po’ ammosciato”.
“Non dirmi! Sto covando l’influenza
e dal dottor mi reco di filato
non posso del vaccin restare senza
“Non farlo, Carlo mio, te lo sconsiglio;
lo fece giorni fa il mio fornaio
ed ora in casa sua c’è gran scompiglio.
È morto all’improvviso, Dio, che guaio”!
“Che dici? Il vaccin non è letale”.
“Questo lo pensi tu e pensi male.
Uscito dallo studio del dottore
finì sotto le ruote d’un trattore
che lo mandò diritto al creatore”.
MIRACOLO
Spiegava con passione Don Giuliani
la parabola dei pesci e dei pani
a un gruppo di fanciulli assai vivaci,
ma molto attenti e alquanto perspicaci.
“Si dice che a un raduno di Gesù
partecipasse molta, troppa gente
e per sfamarli tutti nel menù
v’era assai poco, direi quasi niente.
Sol cinque pesci e in più cinque panini.
Per alleviar la fame eran pochini.
Ma il buon Gesù un poco ci pensò
e pani e pesci lui moltiplicò.
Per cui da cinque ch’erano Gesù
Ne fece cinquemila e forse più.
E fu così che il quell’occasione
Gesù riuscì a sfamar cinque persone”.
S’accorse dell’errore Don Giuliani
ma anche un bimbo ch’era stato attento,
per cui, alzando in alto ambo le mani,
fece un giusto e logico commento.
“Scusi, mi dice, caro Don Giuliani,
il miracolo, in fondo, dove sta?
Con tanti pesci e altrettanti pani
anch’io l’avrei compiuto, in verità!”.
L’indomani il prete al catechismo
corresse il miracolo sbagliato
e chiese con una punta d’umorismo
“Tu pure ci saresti arrivato?”.
“E come no! Con tutto il ben di Dio,
ch’era avanzato il giorno precedente,
il miracolo l’avrei fatto pur io”.
FUNERALE
Davanti al capezzale del morente
tre figli già pensavan al funerale.
“Dobbiamo fargli una funzion decente,
l’eredità che lascia è assai speciale.
direi di fare una funzion suntuosa.
“No caro. Basta un rito decoroso
che non sia eccelso e sia poco costoso.
A nostro padre il lusso non s’addice
e solo l’umiltà lo fa felice”.
Il terzo figlio, dopo aver pensato:
“Facciam di terza classe un funerale,
con bara in legno compensato
e un mazzolin di fiori dozzinale.”
Dal letto si levò una voce fiacca:
“Figlioli, se mi date i pantaloni,
le scarpe, la camicia e la mia giacca,
imiterò i semplici pedoni.
Senza rancore e senza alcun rimpianto,
solo me ne andrò al Camposanto”.
ULTIME VOLONTA’
“Orsù caro, io t’ascolto:
dimmi quel che vorrai fare?”
“Voglio essere sepolto
proprio giù in fondo al mare.”
“Ma perché marito mio,
vuoi per bara solo un’onda?”
“Perché so che la tua madre,
la mia suocera gioconda,
ha giurato di ballare
proprio sopra la mia tomba”.
COLLOQUIO ALL’ANAGRAFE
Un tal si presentò allo sportello
dell’Ufficio Comunal di Montebello.
“La carta mia d’identità
è scaduta giorni fa.
Debbo farne un’altra nuova”.
“Ha portato qui la vecchia?”.
” Come no? Eccola là!
– e, grattandosi un’orecchia,
disse: – Nonna, vieni qua”.
BALLE DI PESCATORI
Mentre stavan le reti a rammendare
nel paesino ligure di Celle
dei pescatori in vena di ciarlare
parlavan d’esche, pesci e prede belle.
“Io pesco pesci grossi solamente”
diceva un di lor esperto assai
ma un po’ sbruffone e alquanto strafottente.
“Peschi balene ?” chiese un tal ghignando.
“No”, serio gli rispose di rimando.
“Quand’esco in barca per la pesca
le balene le uso come esca”.
RICETTA
Davanti al commissario,
alquanto sconsolata,
sedeva una signora
assai preoccupata.
“Bene, ripeta ancora
com’è accaduto il fatto”.
“Stavo cuocendo al forno
un pollo tartufato
mi ci volea un contorno
cui non avea pensato.
Chiesi a mio marito
d’andar dai contadini
ed acquistar spedito
un chilo di lupini.
Un giorno è già passato
ma lui non è tornato,
per cui non so che fare”.
“Perché non può provare –
le disse il commissario,
che altro avea da fare –
di cucinar zucchini
al posto dei lupini?”.
ALLARME AEREO
In un paese in guerra
suona l’allarme aereo
e nei bunker sottoterra
tutti cercan d’andar.
Ma un vecchio torna indietro
con volto alquanto scuro.
“Sei matto! Dove vai?
“Scordato ho la dentiera
in fondo a una teiera”.
“Tra poco qui son guai –
disse un tal dal volto scuro. –
Che credi che stasera
butteran del pane duro?”.
VENDETTA
Espulso dalla scuola il buon Pierino
pensò di vendicarsi, il birichino
e di fronte alla scuola piantò ritta
una vistosa insegna con la scritta
“O AUTOMOBILISTI, STATE ATTENTI
DI QUI PASSANO SPESSO GLI STUDENTI.
NON INVESTITE I PARGOLI INDIFESI
CERCATE DI LASCIARLI ALMENO ILLESI.
MA SE PER CASO SIETE DEI MALDESTRI
ASPETTATE CHE CI SIANO ANCHE I MAESTRI”.
A SCOPPIO RITARDATO
Mentre meste risuonavano le note
della banda che seguiva il funerale
e il pianto che rigava molte gote,
dimostrazion di un dolor reale,
un tizio mescolato tra la gente
sbottò di colpo in una gran risata.
“Ma non le sembra alquanto sconveniente!”
lo redarguì con una gomitata
il suo vicino e aggiunse: “Là c’è un morto!
Sia serio e si dia una regolata.
Ognun di noi è dal dolor sconvolto
E non c’è posto per la sua risata.
Perché poi ride? É contro l’etichetta”.
“Iersera” disse il tipo ridanciano,
“qualcun mi raccontò una barzelletta.
Rimasi serio come un capo indiano,
non avendo compreso la battuta.
Sol ora l’ho capita e mi è piaciuta,
strappandomi di colpo la risata
che mi costringe a far questa scenata.”
“Ma là c’è il morto!”. “E che ci posso fare?
Domani verserò lacrime amare”.
Franca Longhi
Franca Longhi è nata e vive a Milano, con la sua famiglia.
Laureata con lode in Lettere Moderne, presso l’Università degli Studi di Milano, ha insegnato, per venticinque anni, lettere, in ruolo nella scuola secondaria di primo grado.
Per elaborare insieme ai ragazzi, nell’ambito scolastico, l’enorme potenziale linguistico, emotivo, comunicativo del linguaggio letterario in genere e di quello poetico in particolare, ha ideato e messo a punto il metodo ed il progetto didattico “Filastroccando”, concepiti come avvìo alla lettura, alla comprensione interiorizzata ed alla produzione personale di testi poetici, da parte di bambini delle scuole materne e primarie…

Illustrazioni di Paolo Ragni
Cicompei è un bambino di sei anni
che, quando vuole, fa mille danni…
Cicompei ha pensieri originali e mossi
ed ha i capelli rossi, rossi, rossi…
Cicompei ha profondi occhi scuri, color verde,
così attenti e curiosi, che, a volte, ci si perde!
Se mi chiedi, ed hai ragione:
“ Ma perché questo strano nome? ”.
Ti spiego. Il nostro amico per dire :
“ Io vorrei…farei… andrei…”
per qualunque cosa, insomma, da piccolo, diceva:
“ CI-COM-PEI! ”.
La mamma? Cicompei!
La nanna? Cicompei!
La pappa? Cicompei!
La luna, un piede, vivere felici? Vorrei, vorrei, vorrei…
E’ Cicompei!
Così gli è rimasto questo nome misterioso,
che gli ricorda un periodo meraviglioso,
quando, da una stella, è arrivato sul nostro pianeta
senza mai vivere una giornata troppo quieta,
perché voleva capire, con grande curiosità,
che cos’è e come funziona la nostra realtà!
Cicompei osserva, con allegra meraviglia,
tutto ciò che accade nella sua famiglia
ed ama moltissimo, è cosa sicura,
giocare, correre, vivere nella natura.
Poi ha scoperto pian piano che, per vivere felici,
è bello avere tanti, tanti amici…
In tutte queste scoperte
gli piace farsi accompagnare
da chi legge le sue storie e lo sta ad ascoltare!
Se vuoi essergli amico, gli farai piacere
e lo seguirai nelle sue scoperte originali e vere,
che segnano l’incontro tra una persona e la realtà,
quando si è piccini, ma un po’ a tutte le età!
Tu come ti chiami?___________
Che cosa ti piace fare?________
Quanti anni hai?_____________
Dillo a Cicompei e un suo grande amico sarai!
Basta poco, ascoltare, raccontare,
volersi conoscere e incontrare…
E il vostro viaggio insieme
può senz’altro incominciare!!!
Gli è sempre piaciuto
l’ha sognato, l’ha cresciuto
nei suoi sogni, notte e giorno,
senza mai toglierselo dalla testa e d’intorno.
Ha provato a convincere i suoi parenti,
ma non sembravano troppo contenti,
ha tentato con gli amici,
che non erano felici.
L’ha chiesto come regalo di compleanno,
ma gli hanno risposto: ” Non è un regalo, è un danno! ”.
L’ha richiesto come premio per la promozione
e gli hanno detto: ” Non insistere, o ti rispediamo a lezione! ”
Cicompei non sperava proprio di realizzare
il sogno su cui continuava a fantasticare,
quando un bel giorno, fuori dal portone,
la mamma ha trovato un bello scatolone
con un ospite d’eccezione!
Si trattava, non è difficile da capire
di un amico speciale, che ci fa intenerire
che si affeziona a noi, che è buono come il pane…
Si trattava, in sostanza, di un CANE!
Era un cagnetto bianco con il pelo folto
che a Cicompei piacque subito molto,
anche perché le macchie del suo mantello
erano rosse come i suoi capelli, che bello!
Cane e padroncino ben abbinati,
cane e padroncino subito abbracciati,
due compagni inseparabili e fidati
una coppia di giocherelloni affiatati!
“Un momento! – la mamma blocca i sogni –
sta facendo sullo zerbino i suoi bisogni! ”
“Ma è l’emozione!”- replica Cicompei –
vero, cagnone, che non capisci dove sei? ”
“ Posso tenerlo, mamma, posso, posso, posso? ”
supplica Cicompei,
mentre il cagnetto agita il pelo bianco e rosso.
“ E il veterinario? E la passeggiata?
E la pappa? Non basta una nidiata
di familiari da sfamare…
pure il cane mi doveva capitare! ”
La mamma brontola, ma, senza che possa spiegarlo,
si china piano per accarezzarlo
e il cane, che avverte la sua mano dolce e sicura,
scodinzola, e le si avvicina, senza nessuna paura.
E’ un secondo magico, l’alleanza è fatta
è scontenta solo Daniela, la gatta,
ma prima o poi si abituerà anche lei,
a vivere col cane di Cicompei!
Cicompei, è inutile da dire,
è felice da morire!
Grida, canta, corre e balla
e insegna subito al suo cane a giocare a palla!
Poi corrono insieme nel parco, felici
come due inseparabili amici,
e quando in famiglia si discute e si programma:
“Non è giusto che faccia tutto la mamma.
Gli animali domestici non sono pupazzi
creati per far divertire adulti e ragazzi.
Bisogna averne cura,
sono esseri viventi in miniatura! “
Chi gli farà da mangiare? Chi lo laverà?
Chi dal veterinario lo porterà? ”
Cicompei, si offre prontamente:
”Avete ragione! Parlate giustamente!
La vostra è una richiesta vera:
mi offro, lo farò giocare inverno, estate,
autunno e primavera! ”
“ Che sforzo! ” esclamano tutti in coro,
ma Cicompei non sente, è già al lavoro
e lo si vede in fondo al giardino,
che corre e ruzzola con BLUE, il suo adorato cagnolino.
“ Lo sapevamo! Che novità… era evidente!
Cicompei è specialista nel non fare un bel niente! “
Così, tutta insieme, sospira la famiglia
Ma subito sorride: Blue e Cicompei insieme,
sono una vera meraviglia!
Oggi la neve cade dal cielo
e forma, morbida, un candido velo,
fiocco su fiocco, un vortice bianco
tutto ricopre, col suo splendido manto.
Dall’alto la neve osserva un bambino:
col naso per aria, piccino, piccino.
Dalla finestra della sua cameretta
osserva un fiocco, la forma perfetta,
la danza leggera,
di giorno e di sera.
La neve si “gasa” e fa evoluzioni:
svolazza, volteggia, senza imperfezioni.
Cicompei sta lì, è come incantato
sorpreso dal magico mondo creato
da questo miracolo, da questo prodigio
che scende inatteso, dal cielo bigio..
La neve, cadendo, suggerisce dei giochi,
vecchi come il mondo, ma che non son pochi:
le palle di neve, che son da lanciare,
pupazzi di neve, da realizzare,
con sciarpe, guanti e cappello da sfoggiare
e le corse e le orme, come in spiaggia col mare.
Cicompei gioca, gioca con i suoi amici,
sono spensierati e ridono felici
e felice è la neve, che mentre scende e fiocca
racconta a tutti la sua filastrocca.
“Sentite nel cuore, ascoltate bambini
che cosa regalo a tutti i piccini:
sorrisi, risate e tanto stupore
ed un senso profondo di pace nel cuore.
È questo il dono del mio biancore:
a chi sa osservare, a chi ha il bello nel cuore
io porto in dono allegria e buonumore!
Li porto dovunque, li porto a piene mani
ma solo a chi non pensa:
“Come andrà, in auto domani?”
Per questo gioiscono soprattutto i piccini
e quelli che nell’animo hanno ancora giardini!”
Ed ogni persona che ascolta il messaggio
Risponde: “Ritorna, neve! Ritorna anche a maggio!
Non a lungo, magari, giusto per un assaggio,
per quattro fiocchi e due scivolate
e poi… lascia pure il posto all’estate!”
© Longhi 2006.
Domenico Volpi
E’ nato e vive a Roma
Ha diretto dal 1948 al 1966 il settimanale per ragazzi “Il Vittorioso”.e nel 1977 redige la rivista mensile per bambini “ La Giostra” dell’edi9trice AVE di Roma.. Dal 1953 al 1981 ha presieduto la commissione “Presse et Littératuire Enfantile” del Bureau International Catholique de l’Enfance”…

Voce del verbo andare.
Infinito presente.
Senza fine errare
per le vie del mondo
a portare
la voce del Verbo.
© D.Volpi 2006
Cara maestra, mi hai detto
che debbo essere un fratello
per tutti i bambini del mondo.
Ma non devi dirlo a me.
Devi dirlo al mio cervello
che deve inventare il domani.
Devi dirlo al mio cuore,
che deve imparare ad amare.
Devi dirlo alle mie mani
perché siano capaci di donare.
© D.Volpi 2006
Chi trova un amico trova un tesoro,
ma i miei amici non sono tutti d’oro.
Ne ho uno nero come il carbone,
uno giallo come un limone,
uno rosso come un mattone.
I miei amici sono tanti
ma non tutti sono brillanti.
Gli amici sono come fratelli,
però non sono tutti belli.
Io sono sicuro che
valgono molto per me.
Ma secondo la gente
non valgono niente.
Perciò sai che ti dico?
Io li regalo:
chi vuole un amico?
© D. Volpi 2006
Chi fa da sé fa per tre.
Non so se è vero che
chi fa da sé fa per tre
ma chi lavora in compagnia
fa le cose in allegria.
Pensa a te
“Domani e adesso,
pensa solo a te stesso!”
Così ti troverai, improvvisamente,
a pensare intensamente…
al niente.
I fatti tuoi
Impìcciati dei fatti tuoi,
se vuoi:
resterai serrato
in una casa senza porte
che odora di morte.
Sarai un isolato,
e il mondo ti passerà dinnanzi,
cantando le sue speranze.
Due mani
Si dice “Abbiamo due mani,
una per prendere e una per dare”.
Da domani, per provare,
usiamo le mani solo per dare.
Quel che dobbiamo ricevere
lo prenderemo tutto col cuore.
Fate la carità
Si dice “Fate la carità
e avrete tanta letizia”.
Ma al povero, che niente ha,
non basta la carità:
vuole la giustizia.
Tra il dire e il fare…
Tra il dire e il fare
c’è di mezzo il mare.
Chiamare qualcuno “fratello”
è bello, è molto bello:
questo è il dire.
Poi bisogna passare
il mare:il mare della coscienza
che non vuol capire,
il mare dell’indifferenza,
il mare della pigrizia,
il mare dell’inimicizia,
per approdare
alla riva del fare,
alla terra del dare.
© D.Volpi 2006
anch’io
ho preso un granchio:
non era un granché.
Bacco all’attacco:
colpo di tacco,
ma tiro fiacco.
Che smacco e scacco!
Perbacco!
Bacca bislacca
di ceralacca.
Bacca polacca.
Bacca che si stacca
e che si acciacca.
Bacca di cacca.
Perbacca!
Bacco e bacchette
che becchettano
un bacchettone
e che banchettano
con bacche e baccelli
di ceci e piselli.
Bacco e baccano,
ma piano piano.
Sardine sorde
s’ordinano
sistematicamente
in sordina.
Sardo sardonico
sul Sir Daria
s’ardisce
surrealmente.
Squallidi squali squinternati squassano squilibrate squadre squalificate squittendo squisitamente.
© D. Volpi 2006
Angela Donnini
Angela Donnini è nata a Castelnovo ne’ Monti (RE) il 3 giugno del 1946.
Laureata in Lettere Moderne (Universita’ degli Studi di Genova), vive con la famiglia a Genova, dove, dal 1976 al 2004 ha insegnato Italiano, Storia, Storia dell’Arte nella scuola media inferiore e superiore, presso l’Istituto “G. Leopardi” di Genova…

Genere: Fiaba in prosa rimata
C’era una volta…una bambina di nome Nina; portava sempre un cappellino cinese di
paglia intrecciata, che amava più della limonata
.Il cappellino, a forma di cono, era leggero come un uccellino e aveva poteri come
quelli di mago Merlino.
Si racconta che un rumore una notte la svegliò. O forse..no?
Spaventata e con gli occhi spalancati come quelli di una civetta, Nina fece un salto
come una cavalletta.
Dopo un momento e un soffio di vento, guardò il suo cappellino di paglia intrecciata,
e fu così che rimase incantata.
IL cappello girava e ballava, rotolava giù e poi tornava su fino a toccare il soffitto blu.
All’improvviso il cappellino si fermò poi coraggioso contro il vetro si accostò; Nina
allora con due capriole arrivò alla finestra e lesta lesta prese il cappello e lo mise in testa.
-Meraviglia meravigliosa – bisbigliò la bambina con gli occhi da cinesina e il
pigiama rosa – poi, rivolta al cappello che la riparava come un ombrello, continuò –
Guarda, la luce del mattino fa un inchino e poi il buio si porta via. Oh, questa sì che è
vera magia!-
Così, mentre pronunciava queste parole prima del sorgere del Sole, Nina vide la
Nuvola Rosa, più bella di ogni cosa.
– La voglio, la voglio tutta per me – disse impettita e dritta come una matita.
E contò fino a tre.
Così il cappellino, che aveva poteri come quelli di Mago Merlino, esaudì il suo
desiderio. Il cappello, prima si rovesciò, usò un po’ di magia poi, preoccupato volò
nel cielo e la Nuvola portò via.
Nina afferrò la Nuvola e, con un grosso pennello la incollò sul vetro, poi con un
movimento veloce rimise in testa l’amico cappello. Soddisfatta si nascose in un
angolo della sua cameretta, dopo aver messo tra i capelli anche una molletta.
Da quell’ angolino Nina poteva ammirare il suo capolavoro: era prezioso come un
anello d’oro!
Intanto pian pianino il Sole faceva capolino e Aurora, la regina del mattino, si
preparava per mettersi in cammino. Tutti i giorni da quando il Mondo era stato creato
con il mare e anche il prato, la regina compiva gli stessi gesti: si specchiava nel cielo,
si aggiustava le pieghe del vestito e controllava se la frangetta era perfetta.
– Perdindirindina – piangendo, disse la regina – Mi manca qualcosa? Si, è la Nuvola
Rosa. Non posso partire senza il mio velo da sposa!-
La situazione si complicò e il cielo si rabbuiò fino a quando il cappellino di Nina
decise di aggiustare quel pasticcio più spinoso di un riccio.
Presto Nina – disse il cappello a forma d’ombrello – dobbiamo agire subito. Il Mondo
non sarà più la stessa cosa senza la Nuvola Rosa.-
Mentre diceva queste parole, il cappellino di paglia intrecciata spinse Nina fuori dal
suo angolino, poi le fece fare una scivolata, morbida come panna montata.
– Ohh, oih che botta! Sei impazzito citrullo rinsecchito?- gridò la bambina al
cappello, mentre si fermava vicino ai suoi giocattoli.
Dal punto in cui era arrivata, Nina poteva ammirare la Nuvola incollata,ma al di là di
questo sentì il buio sghignazzare.
Spaventata capì allora cosa doveva fare.
Scelse tra i pupazzi quelli più coraggiosi: il coniglietto, il panda, la scimmietta e il
koala, poi li sistemò dentro un razzo bianco e azzurro. In alto, al comando e vicino
alla punta della macchina spaziale mise Zefferino, il suo cagnolino furbetto e
prediletto. Decisa Nina continuò nel suo piano d’azione: si accostò alla finestra e dal
vetro staccò la Nuvola Rosa poi con cura la piegò e ripiegò e in fine la depose
dentro una scatolina.
– Mentre consegnava all’amico Zefferino la scatolina color arancione, la bambina gli disse –Stai attento testone, devi compiere un’importante missione: la Nuvola Rosa
deve ritornare al suo posto –
I pupazzi di Nina erano tutti sul razzo e il prezioso contenuto della scatola al
sicuro, quando il cappellino di paglia intrecciata sfiorò il motore della macchina
spaziale; allora questa con gran rumore sfrecciò nel cielo verso Aurora, che come
ogni sposa aspettava il suo velo rosa.
Passò del tempo… poi fu per caso oppure…mah! E chi lo sa?
Un giorno Nina con l’inseparabile cappello a forma di cono incontrò un bambino
eschimese e uno senegalese, poi uno indiano con uno italiano, uno inglese con una
bimba giapponese e ancora uno australiano con un amico brasiliano.
– Teniamoci per mano – propose Nina – così giochiamo!-
Era mattino e Aurora, che stava andando per il suo solito cammino, vide i bambini e si
sentì felice, così decise di sussurrare un segreto al vento che passava di lì.
Allora il vento soffio’ e la Nuvola Rosa trasporto’
Il vento soffiò e i bambini solleticò.
Nina riconobbe il velo da sposa
Il vento soffiò.
Poi come ogni cosa
Sparì la Nuvola Rosa………
Ada Bottini
Nata e residente a Rapallo. Il lavoro d’insegnante le ha suggerito spunti per scrivere racconti per l’infanzia, dove i dolori e le esperienze difficili della vita hanno trovato largo spazio e dove l’ironia mitiga e sdrammatizza l’amara realtà. Le poesie sono un percorso di autoconoscenza e l’espressione dei vissuti più profondi.
Pubblicazioni:
Un mare… di parole. Edizione Compagnia dei Librai, Genova, 1995; Inventabimbi, Edizione Compagni dei librai, Genova, 1997; Orcobaleno e compagnia bella, Edizione Compagnia dei Librai, Genova, 2003
Premi:
Il Primario, 1° premio Arqua Tetrarca, 1994, sezione racconto; Un mare … di parol,e 1° premio Vivere il mare Santa Margherita Ligure, 1996; Arcobaleno, !° premio Zaccaria Neuroni, 2003; “ La mia guerra, 1° premio Cara Pace ti scrivo, 2005 oltre a varie segnalazioni e premi speciali per le poesie inedite.

Il gattino
Mucci, il gattino, nacque sul greto di un fiume. Nei suoi primi mesi di vita conobbe il gelo, la ruvidezza delle pietre, il calore dei raggi di sole, l’appetito vorace dei gabbiani, lo starnazzare delle anitre, il volo maestoso dell’airone. Poco cibo, molta paura. Finché un giorno un pallone cadde nel torrente vicino al cespuglio dove lui viveva e un bambino arrivò a recuperarlo.
Il bambino e il gatto si guardarono negli occhi e fu amore a prima vista. Non fu difficile convincere la mamma ad accogliere il gattino.
A Mucci sembrava di essere finito in paradiso. Tepore, cibo, carezze, il cuscino molle sul divano che lo accoglieva come una culla. Lì si abbandonava a sonni interminabili e se un sogno di gabbiani in picchiata, pietre ruvide, pancia vuota appariva a ricordargli la sua vita precedente, si stiracchiava , si avvicinava alle gambe di qualcuno e vi si strofinava contro facendo le fusa, finché, rassicurato, ritornava a dormire sul cuscino.
La storia della rana
L’inverno era stato lungo, fangoso e freddo. La tana della rana, scavata con cura tra i cespi di trevigiana, era stata un buon rifugio, ma ora la rana Giannina aveva voglia di aria e di sole, non troppo ma abbastanza per intiepidire la pelle e i muscoli rigidi per la lunga immobilità. Mentre si godeva l’aria aperta e si guardava intorno in cerca di una sostanziosa colazione un’ombra oscurò la luce e lei sentì il freddo della paura, sì aveva capito bene, era un giovane falco anche lui in giro per la colazione. Giannina radunò tutte le sue energie e spiccò un salto acrobatico verso il più grosso cespo di di insalata piombandoci dentro. Rapida con le zampette si diede da fare per ricoprirsi ben bene di foglie e risultare invisibile all’affamato falco.
Rumore di passi, voci di donne, lo stridio di un coltello contro la dura radice dell’insalata.
Addio libertà, sono stata presa, sono condannata pensò Giannina senza avere il coraggio di muoversi.
L’insalata fu sfogliata e man mano che le mani della donna si avvicinavano al centro Giannina si preparava a fuggire. Ecco il momento è giunto una gran salto, un urlo bestiale , foglie che svolazzano per la cucina, non so dirvi chi ebbe più paura se la donna o Giannina che corse a rifugiarsi sotto un mobile.
La scopa risolse il problema facendo volare Giannina fuori dalla finestra pronta per una nuova avventura.
La storia del vitello
Bubu era nato quasi d’estate e da subito fu afflitto da una potente sete.
Il latte di mamma mucca non gli bastava ed era attirato dal ruscello che scorreva in fondo al pendio, un po’ lontano dal pascolo. I primi giorni le sue zampe erano ancora troppo deboli e inesperte per la discesa e la risalita, ma osservando i compagni più grandi ben presto imparò il sentiero, si unì a loro e poté bearsi dell’acqua fresca che generosa scorreva a valle dalla sorgente.
Bubu non capiva la pigrizia dei grandi che stavano anche un’intera giornata senza scendere all’acqua. La mamma lo rimproverava per questa mania di passare le giornate al ruscello e gli diceva che l’acqua attira tutti la biscia e la rana, la vipera e l’orso e che prima o poi avrebbe potuto fare cattivi incontri.
Chissà come le mamme hanno sempre ragione.
Un giorno, mentre brucava l’erba fresca delle sponde, Bubu sentì un odore pungente e subito dopo un verso selvaggio mai udito prima. Non lo conosceva, ma capì subito di essere in pericolo, non ci fu bisogno di presentazioni per sapere che quell’essere dondolante era un orso. Le zampe sagge cominciarono a correre su per la salita, il fiato corto, il cuore impazzito.
Per fortuna quel giorno l’orso aveva più sete che fame.
La storia del Topino
Noi topini non siamo come i bambini, che da piccoli mangiano i formaggini molli, quelli fusi, dicono, che se vedessero come sono fabbricati non li comprerebbero mai.
Noi mangiamo di tutto a dire la verità anche il sughero, ma se potessi scegliere da un menù io mi prenderei un bel pezzo di grana stagionato oppure una fetta di quel sardo che lo incontri col naso venti metri prima di vederlo.
Nella cantina dove abito io, i padroni tengono al fresco anche certe provviste, oltre all’olio e al vino.
Ma accidenti qua sotto ci finiscono solo le scatole dei formaggini. Io all’inizio non le ho mai toccate, un po’ per educazione e un po’ perché, come ho già detto, i formaggini non mi piacciono, però, quando la fame si fa sentire e il freddo ti intirizzisce, va bene tutto o quasi e una notte ho pasteggiato a cartone, quello della scatola, e formaggio.
Non voglio scendere in particolari sgradevoli, ma da quella notte ho preso una decisione: mi trasferisco, cambio cantina. Chissà, magari avrò la fortuna di incontrare altri tipi di provviste, io non disdegno le patate ad esempio anche crude, ma i formaggini no, mai più.
Buon appetito a tutti.
La storia della biscia
Anche le bisce sognano.
Tilly, appena nata, già guardava con interesse le mucche camminare, i conigli saltare, gli uccelli volare e chiedeva ai suoi simili perché loro riuscissero solo a strisciare. Gli adulti le rispondevano che era stato stabilito così e di adeguarsi senza tante storie. Tilly accettò con fatica la sentenza e benché si fosse allenata a strisciare velocissima per sfuggire agli attacchi dei corvi e benché gradisse molto il solletico che l’erba di maggio tenera e non troppo alta le faceva intorno al corpo ogni notte , prima di addormentarsi immaginava di saper volare o camminare.
Una notte sognò davvero di volare alta nel cielo e di vedere il bosco, il lago, il prato dall’alto. Tutto appariva diverso e lei era felice, felice e avrebbe voluto sognare per tutta la vita.
Al mattino senza neanche fare colazione si arrampicò in alto su un albero e giunta in cima pensò che se si fosse buttata giù avrebbe volato come durante la notte. Vi lascio immaginare la botta.
Da quel giorno Tilly strisciò di giorno e sperò di sognare di notte
La storia del Coniglio
Lillo il coniglio è contento di essere nato vicino ad un campo di miglio. A lui piace questo cereale e soprattutto gli piace il periodo della maturazione delle spighe, momento in cui centinaia di uccelli invadono il campo primo dei contadini e si abbuffano, cantano, beccano i semi con ingordigia e gli fanno molta compagnia.
E’ allora che a lui piace saltare tra le piante e far volare via a ventaglio una famiglia di passeri, poi una corsa pazza scompigliando le spighe e un altro salto questa, volta sono le allodole a fuggire spaventate. Che sciocche non capiscono che Lillo sta solo giocando e non mangerebbe mai un’allodola, anzi anche lui, come loro, mangia il miglio e perciò ha un pelo particolarmente liscio e morbido.
Salta che ti salta senza prudenza una volta Lillo è atterrato quasi sul naso di una volpe, che per lo spavento ha fatto un passo indietro, ma vedendo il bel coniglietto tenero tenero si è subito leccata i baffi. Per fortuna Lillo è ben allenato al movimento e in un battibaleno si è voltato ed è corso via alla velocità della luce rintanandosi nel primo buco disponibile dove ha trovato una sua zia che lo ha accolto e consolato, mentre la volpe stanca di rincorrerlo si è accontentata delle uova di un nido di allodole.
La storia di Ninetto
Ninetto è un tipo molto goloso.
Non di insalata, non di frutta, non di minestre, né di brodi e neppure di pesce o di carne.
Cosa mangia allora? Salame, patate fritte, dolci, cioccolata e, quando va bene, qualche uovo.
Però ha anche una strana abitudine, cioè quella di razziare orti e frutteti, quindi a maggio, se capita in un orto coltivato a fave e piselli, si siede tra i filari, stacca le teche e mangia senza misure quei legumi che, cucinati a casa, non si degna di assaggiare.
Lo stesso accade ad agosto coi fichi e a settembre con l’uva. Mangia solo se trova l’albero o la vite con i frutti pronti, freschi e maturi.
Strano ragazzo!
Ora capirete perché Ninetto corre al gabinetto.

Acqua, acqua per il fuoco
acqua, acqua per il gioco
acqua, acqua per la sete
acqua, acqua per l’abete.
acqua, sole, bosco, mare.
La vita è bella.
Il mondo è da amare.
Genere: nonsense
Nacque ad Acqui
in anni lontani
un subacqueo di nome Viviani.
Nacque in tuta, pinne ed occhiali
ma senza ahimé i marini fondali.
La sua vita passò in una vasca
sotto l’acqua e la schiuma in burrasca.
Pescò spugne, saponi e capelli:
così trascorse i suoi anni più belli.
Genere: nonsense
Una volta c’era un sarto
che ogni giorno faceva un salto
e vendeva vestiti in saldo…..
Li vendeva per un soldo..
a un signore che era sordo…..
e ogni giorno mangiava un tordo..
cucinato sopra il …bordo
di un fornello tutto …lordo..
Questo faceva il signore sordo.
© A. Bottini 2006
Genere: nonsense
Il signore Spicchio d’aglio,
con la moglie e con il figlio,
se ne stava sotto un tiglio
tra gli olezzi d’un bel giglio,
ma ecco un insetto senza paura
gli s’avvicina e gli fa una puntura.
Il signore Spicchio d’aglio,
con la moglie e con il figlio,
s’alza, agita le braccia,
tutto rosso sulla faccia
per la rabbia e la puntura.
Se lo piglio, lo taglio, lo taglio.
Se lo piglio, ne faccio poltiglia.
Se lo piglio, lo metto in bottiglia.
Se lo piglio…
Intanto l’insetto dall’alto lo guarda.
Poi prende la mira
e di nuovo lo infilza.
Il signor Spicchio d’aglio,
con la moglie ed il figlio,
lascia il tiglio, lascia il giglio.
Mesto mesto torna a casa
.tra patate e cipolline
a sognar le pratoline
Genere: filastrocca
A E I O U
Impararle è una virtù.
Ma se proprio non ci riesci
lo farai quando cresci
U O I E A
Il mio micio non le sa
imparare non le vuole
non gli garban le parole
E I A U O
Quasi quasi già le so
la lucertola dell’orto
non le dice e mi fa un torto
O U A I E
Io le so anche per te,
per la pecora del prato
che sta zitta o fa un belato.
A E O U I
Che bel gioco è questo qui
Solo i bimbi lo san fare
e gli altri stan a guardare.
© A.Bottini 2006
Genere: racconto
C’era una volta un bimbo grandino
che a dire il vero studiava pochino
E quando la mamma lo richiamava
Lui di rimando le brontolava.
Per non studiare trovava ogni scusa.
Se lo sgridavan faceva le fusa.
Mal il babbo, un giorno, assai spazientito,
lo minacciò. E alzando un dito.
– Bene, benissimo, avevo un bambino
ed ora invece mi trovo un gattino.
Ecco la coda, i baffi, gli artigli.
A un bel micino ti proprio assomigli.
Or non ti occorre né sedia, né letto:
vai a dormire sopra quel tetto.
– No, paparino, perdono, perdono
vedrai che da oggi sarò sempre più buono
Ogni giorno leggerò
e ogni cosa imparerò.
Così finisce la storiella
Breve, breve, bella bella
Per i bimbi un po’ monelli
Che per studiare fan castelli.
© A. Bottini 2006

Se ancora non ci fossimo accorti
della luce calante
delle sere incalzanti
delle piogge frequenti
le pere sulla tavola
annunciano senza incertezze
l’autunno incombente.
© Bada 2006

Vorrei essere un delfino
ridere degli squali
e salvare un bambino.
Balzare a pancia all’aria
verso l’azzurro
e ripiombar di schiena
in un mare di burro.
Scorazzare nel blu
in cerca di tesori
e di colpo ogni tanto
saltare fuori
a spaventar gli innamorati
spersi su una barchetta
dimentichi dei pirati.
© Bada 200

Mi ha scosso la tua morte
fratello sconosciuto.
Ti ho aiutato?
Se non ricordo
poco ti ho dato
niente ti ho detto.
Io così ricca di buoni sentimenti
e di cattive azioni.
Ti chiedo perdono
e consapevolezza
ora che tu
povero Cristo
stai meglio di me.
© Bada 2006
Natale, magia dell’infanzia
perduta per strada.
Sonno, incenso, note alte
nei cori della Messa di mezzanotte.
La mano accogliente di mia madre
sulla salita dove il fiato
condensato in nuvole
non arrivava al cielo
a coprire stelle nitide e lucenti
© Bada 2006

Restare addormentati
in una mattina d’estate
soleggiata e calda
a lungo fantasticare
fresche , belle nuotate
e tuffi in compagnia
lentamente svegliarsi
un poco stirarsi
non aver premura
giocare con i pensieri
avere in mano il mio tempo
ecco cosa mi piace.
© Bada 2006

Gialle, oblique lacrime
piange l’albero
mentre si sveste
per affrontare il lutto invernale.
chissà se pensa già
alle gemme che lo
ammolliranno a primavera.
© Bada 2006
Tictic toctoc
Tapum tapum
Tictic toctoc
Tapum tapum.
Caro il mio treno zoppo
il tuo lato sinistro
ritma sui binari
un’aria sincopata
mentre arranchi con fatica
sul lieve pendio.
Da destra sale un cigolio
di ruote pigre
restie a farsi trascinare.
Il tuo lento andare
asimmetrico
assomiglia al mio percorso
irregolare
faticoso
ma costante.
© Bada 2006
Non confondere il profilo delle nuvole
con la cresta dei monti.
Non tra il rosa, l’indaco e l’arancio
soffici di vapore
dovrai vivere.
Tuoi saranno il grigio, il marrone
il verde della terra.
Sii forte come la roccia grigia
che resiste agli insulti
del mare, del vento, del gelo.
Essa cede sconfitta all’ingegno dell’uomo
che con sottili arnesi
dalla nascosta potenza
la buca, la fruga, la sfalda.
Tu non ferirla troppo.
Sii generoso
come il marrone della terra
che accoglie e trasforma
la morte in vita.
Da un piccolo seme
un verde germoglio.
Tu ammirala con stupore inesausto.
Rispetta i suoi cicli e i suoi doni.
Sii tenero
come il verde degli alberi
che offre bellezza e ristoro.
Impara a godere dell’ombra
in estate.
Osserva la vita
che trova rifugio tra rami
e fogliame
e quando ti sentirai
roccia terra albero
sarai uomo vero.
Allora riguarda
il profilo delle nuvole
e innalzati in sogni arditi
non temere di perderti
ritornerai più saldo e più vero.
© Bada 2006

Il cipresso rumoroso
alto, dritto e dignitoso
se ne sta sull’attenti
e con aria indifferente
ospita storni a sciami
che contendono i suoi rami.
Non teme il solletico
il cupo cipresso
pensoso, maestoso
accoglie e diffonde
il concerto serale
che dai suoi rami
al cielo sale.
© Bada 2006

Soli arancioni
contro un cielo verde
così festeggia autunno
il cachi.
Incurante delle tenebre
che avanzano
cattura il sole
e si veste di luce.
Fingo di credere
al messaggio
gli sorrido
e avanzo.
© Bada 2006
Stracci di lino
a trama grossa e rada
indossa il cielo stamattina
bianchi, dismessi
grembiuli da cucina.
Dissolta la fatica
resta un poco
qual Venere antica
celeste ed ignudo.
Poi vergognoso si veste
di piombo orlato di luce
ingrossa, s’abbassa
e tutto si copre.
Il vento a folate
fa posto alla luce
il grigio dissolve
e il cielo si copre
con metri di tulle
s’arriccia, si gonfia
s’atteggia da sposa.
Domani di certo
il corredo muterà
indovina che vestiti
indosserà.
© Bada 2006
Raccogli le foglie del platano
che ornano l’asfalto
o quelle testarde e tremule
ancora appese al ramo.
Forse non sanno che è giunto per loro
il tempo della fine
e dall’albero si devono staccare.
Sono belle vestite di rame
ancora intatte e rigide
come vecchie signore aristocratiche.
Fermati un attimo con loro
a giocare.
Su mille fogli imprimile
accostate sovrapposte
distanziate od opposte
mantieni il ricordo della loro bellezza
per farle vivere fino a primavera.
© Bada

Sotto un arancio
generoso di rami e foglie
la mia pelle si ristora
alla brezza dell’estate
melodiosi cinguettii
titillano le mie orecchie.
© Bada 2006
Dammi Voce
Dammi voce, mio Dio
per gridare il dolore dei sequestrati
dei bimbi abbandonati
degli emarginati
delle vittime tutte
del male dell’uomo
contro l’uomo.
Dammi voce alta e solenne
per esprimere indignazione
dammi voce forte e tenace
per chiedere giustizia
dammi voce umile e convincente
per supplicare conversione e perdono
per i loro aguzzini.
© Bada 2006